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Brand e DNA

In questa seconda tappa del mio percorso nel mondo dei top manager di aziende di marchi internazionalmente affermati, ho il piacere di incontrare Federico Repetto, consulente strategico e di brand, con la propria agenzia “The Soulist” e come partner di Globality, di numerose aziende produttrici di beni di lusso, tra le quali North Sails, alla cui storia dei recenti anni è particolarmente legato essendone stato anche il primo direttore marketing Italia.

La storia professionale di Federico, che ho il piacere di conoscere da tanti anni, è in verità ricca di esperienze presso aziende di brand internazionali nei ruoli di direzione commerciale e/o marketing: Slam, Poltrona Frau, la Finlandese Artek, Driade e appunto Tomasoni Topsail, produttore del marchio North Sails sportswear per tutto il mondo.

Un’esperto professionista dunque che ha vissuto il mondo dei marchi sempre in ruoli di importanza strategica e di leadership. Proprio quella leadership,tanto evocata e conclamata oggi come una delle soluzioni ai tanti mali che affliggono le aziende e dalla quale vorrei iniziare questa chiacchierata.

D. Come accennato, sei stato e continui ad essere un vero leader. Indiscutibilmente riconosciuto. Quali sono dunque secondo te le caratteristiche personali e professionali che ti hanno reso tale e che dovrebbe appunto avere il leader di oggi?

R. La leadership è per me legata a due caratteristiche personali apparentemente contrastanti. La voglia di fare gruppo, di influenzare la direzione del team, di “fare ciò che è giusto” per quest’ultimo, ed il coraggio, carattere secondo il mio parere, indispensabile. Il coraggio è infatti in contrasto con la prima solo apparentemente perché abitualmente è interpretato come qualità del singolo. Diversamente, è fondamentale per “guidare” e, contemporaneamente, assumersi le responsabilità che un leader, una persona che conduce, che sta in prima fila, deve avere. Il rispetto, l’autorevolezza non si conquistano infatti con le parole ma sopratutto con i fatti ed il gruppo ti segue non solo se sai indicare la direzione ma se lo guidi “sul campo”, affrontando di per primo il “nemico” e le difficoltà. In altre parole, se agisci ricordando sempre che leadership significa anche responsabilita’.

D. Il gruppo. Leadership è appunto anche team, un binomio inseparabile che tu hai sempre vissuto in prima persona, visto che lavorare in questo modo rappresenta da sempre una delle tue caratteristiche professionali, rafforzata dall’esperienza passata e presente in e con aziende internazionali. Eppure, nella maggioranza delle aziende italiane, il lavoro in team è spesso solo evocato ma scarsamente attuato. Che cosa manca alla nostra cultura imprenditoriale per farne uno dei propri punti di forza?

R. In altri paesi la leadership è coltivata sin dai primi anni di scuola. In Svezia, dove vivo, già alle elementari si sviluppano capacità di socializzazione e, di conseguenza, interazione e gestione delle dinamiche di gruppo. Noi abbiamo sempre lavorato con una gestione molto gerarchica e top-down che spesso permette di prendere decisioni in modo molto veloce ma limita le potenzialità dei team. Credo che l’apertura di aree di scambio e di concertazione all’interno delle strutture non potrebbe che fare bene alla crescita di personalità e idee utili allo sviluppo delle aziende.

D. Ecco, la concertazione all’interno delle strutture, rappresenta uno dei punti chiave anche del tuo credo quale consulente visto che, cito dal tuo sito, tu sostieni che “l’integrazione tra i reparti dell’azienda, la presa di coscienza di tutti coloro che vi lavorano, la continua relazione tra i vari gruppi di lavoro è ciò che, spesso, fa la differenza”. Focalizzandoci sulle due aree che conosci in modo più approfondito, quali sono le sinergie che reputi imprescindibili tra il commerciale ed il marketing?

R. Marketing e vendite sono gli indissolubili elementi che possono garantire o meno il successo di un’impresa. Da venditore e gestore di reti vendita prima e da regista delle attività di marketing poi, ho sempre cercato di trovare la sinergia, il “flusso” che permettesse a chi era sul campo di trasformare in un secondo momento le idee in azioni. Se ci sono due funzioni interne di direzione invece sta a loro interagire, creare intelligibilità, scambio, compenetrazione delle tematiche fondamentali, al fine di creare strumenti che non siano solo “belli” ma pratici, utilizzabili, efficaci.

D. Ove, invece, come in molte PMI, i due ruoli sono ricoperti dalla figura del direttore commerciale, quali sono oggi gli elementi necessari per far un buon marketing in una struttura di medio-piccole dimensioni e non di brand? 

R. Il marketing è per me l’essenza di ciò che l’azienda produce. Ho lavorato per anni nelle vernici industriali e la logica non cambia. Qualunque sia il settore, il marketing dovrebbe essere in grado, prima di tutto, di trovare, rendere visibili ed attraenti le ragioni per le quali il mio prodotto dovrebbe essere preferito a quello dei miei competitors. Chiunque abbia fatto un corso base di vendita sa che prima o poi, durante la conversazione col cliente, si giunge al momento delle domande sui “perché”. Ecco, il marketing è la scienza che rende questi “perché” dei chiari vantaggi. Qualsiasi essi siano.

D. Una funzione dunque molto importante all’interno dell’azienda, eppure non sempre compresa e vissuta in questi termini. Per questa ragione, alla luce anche dai risultati che hai ottenuto negli ultimi anni alla direzione marketing del gruppo Tomasoni Topsail che, in periodo di crisi, ha quasi triplicato il proprio fatturato, vorrei farti quella che ritengo essere per molti la domanda chiave:quanto è importante oggi il marketing per un’azienda ed in particolare per la vendita?

R. L’Ufficio marketing è la struttura che studia, elabora, da’ forma al messaggio da portare al mercato. Marketing dunque non è, come spesso sento dire, pubblicità. Diversamente, è la funzione che crea, sviluppa, arricchisce ed aggiorna costantemente il messaggio, la promessa con la quale i venditori presentano l’azienda sul mercato.

D. La comunicazione è dunque ed ovviamente veicolo fondamentale di questa funzione e tu sei da sempre un professionista molto attento ed interessato ai nuovi media tanto che, spesso, li hai accolti anche in qualità di precursore nelle aziende all’interno delle quali hai lavorato. Tra l’altro, in una recente intervista, pubblicata su Youtube (http://m.youtube.com/watch?v=xWbY3h0ikDU), hai dichiarato che quest’ultimi rappresentano una fonte di contenuti che rendono necessario sia “dire la verità” che sviluppare una maggiore, costante e, appunto, vera interazione con il proprio pubblico, quindi il consumatore. Quali strumenti sono necessari per farlo con successo? 

R. La vera rivoluzione di questi ultimi anni non è in realtà rappresentata dall’accesso che la rete ha dato a tutti. L’elemento che sta cambiando il panorama della comunicazione a qualsiasi livello è la possibilità di interagire, commentare, partecipare. In qualità di fruitore di servizi e prodotti, l’acquirente verifica costantemente la qualità di ciò che compra e la compatibilita’ con cio’ che cerca, su blogs, siti di comparazione e di commenti. Presto saremo tutti “scoperti”. A prescindere dal tipo di prodotto/servizio che eroghiamo. LA conoscenza e l’interesse per i nuovi media è conseguentemente d’obbligo per chi si occupa di business oggi. Ci sono apps che raccolgono milioni di utenti in qualche mese e nuove possibilità di interazione sono a portata di mano. Iniziamo ad utilizzare i nostri strumenti, siano essi smartphones, tablets o computer per capire cosa accade fuori, nella rete, magari aprendo un blog su qualcosa che ci appassiona o sul nostro lavoro.

D. E’ inevitabile chiederti a questo punto quanto questa nuova interazione comunicativa cambierà anche il lavoro di chi vende e come saranno i venditori del futuro? 

R. Il venditore del futuro sarà sempre più una persona di grande professionalità. Le chiavi vincenti saranno molteplici: la capacità di spiegare i vantaggi del proprio prodotto ma sopratutto contestualizzarli con la situazione specifica del cliente; la cultura del settore che difetta nel cliente nella misura in cui è spesso bloccato dal suo lavoro mentre il venditore viaggia, conosce, incontra, raccoglie e semina informazione; il “creare relazione”; la capacità intellettuale di sintonizzare il proprio lavoro con quello dell’azienda, con la promessa che il proprio marchio fa al cliente.

D. E, vorrei aggiungere, la promessa che fa dunque al consumatore finale che poi rappresenta il vero soggetto verso cui è diretto il marketing. Come è cambiato negli ultimi anni? E, esiste una differenza, in particolare quello del prodotto premium o di brand di cui sei un’esperto?

R. Il mercato è guidato dalle eccellenze in tutti i settori ma è evidente che, per possibilità di spesa e velocità di diffusione, il mercato dei beni di lusso guida gli investimenti e le tendenze. La tecnologia che caratterizza questo momento, porta il consumatore ad interagire costantemente, a creare gruppi, quelli che Seth Godin chiama “tribù”. Se sei appassionato di un marchio o di uno sport o sei hai una passione ti troverai cioè a far parte di gruppi che la condividono sulla rete, e successivamente magari anche nel mondo fisico. Naturalmente dunque imparerai, condividerai, creerai messaggi e li diffonderai. Ne risulta che il consumatore oggi è decisamente e massicciamente più informato, più partecipe e, conseguentemente, meno ingenuo. Per questa ragione, come ho detto prima, la professionalità, la conoscenza del proprio settore ed una cultura generale “aggiornata” diventeranno fondamentali.

D. Quale è la tendenza?

R. La tendenza è andare verso una conoscenza che è allo stesso tempo più superficiale di tutto il flusso di informazioni che arrivano (pensiamo ad esempio ai “mi piace” di Facebook condivisi automaticamente con i contatti) e più approfondita, invece, delle tematiche a noi più vicine ed amate. Partendo dal dato di fatto che sulla rete si trova tutto, la capacità di filtrare i contenuti, le fonti ed i fatti diventa indispensabile. Vogliamo chiamarla cultura?

D. Sul tuo sito leggo: “I focus on what I believe is the most important, often neglected, area of a Brand development: the DNA of the Brand”. La stessa nuova campagna di North Sails, da te curata ed uscita da pochi giorni, è completamente focalizzata sul brand. Nessun prodotto. Perché ritieni che, in questo periodo di crisi, questa sia la chiave del successo?

R. Esattamente perché i tempi sono maturi per una presa di consapevolezza fondamentale. Il consumatore non è mai stato stupido ma ora è anche più informato, curioso, attento. Le ricerche condotte danno risultati evidenti: i clienti arrivano all’acquisto dopo aver cercato, selezionato, filtrato. Il venditore non deve essere da meno ovviamente. I marchi in particolar modo devono però saper esprimere il loro potenziale vero, seducendo con i fatti. La chiave della narrazione del Brand è nelle storie dei marchi, nella ragione per la quale un’azienda fa un certo prodotto in un certo modo, nelle ragioni del proprio successo. Lavoro con aziende di moda, cosmetica, design, alimentari, industria: qualunque cosa tu produca, in qualsiasi mercato, esso vale molto, molto meno se tu non racconti i “chi”, i “quando”, i “come”, i “perché”. I mercati maturi, e penso agli USA ma anche al Giappone o alla Corea, riconoscono alla storia del brand una posizione di eccellenza nella graduatoria delle ragioni per le quali comprare o meno. Vogliono prima di tutto sapere chi c’è dietro quel marchio. Chiedono: racconta la tua storia!

D. In questa campagna North Sails, nel processo di recupero del proprio DNA, penso che emergono chiaramente degli elementi fortemente empatici che caratterizzano quasi tutte le più importanti realtà di brand: passione, sogno, credo. Quanto ritieni siano ancora importanti in una realtà odierna profondamente in crisi come quella italiana? C’è ancora spazio per far sì che diventino nuovamente leve per risollevarsi da una crisi economica e psicologica?

R. La crisi c’è e si sente, ma mai come in questo periodo stiamo lavorando con clienti nuovi che cercano verità. Hanno compreso che non basta più il prodotto giusto al prezzo giusto perché anche i competitors lo hanno. Ha hanno compreso che senza il marchio il loro prodotto vale meno. E, ancor più importante, hanno compreso la necessità di investimenti fatti sul marchio a lungo termine. Il valore della tua azienda sta nel valore del tuo brand: il prodotto cambia, evolve, muta, ma la garanzia per il cliente e’ e continua ad essere il tuo marchio. Qualsiasi prodotto tu commercializzi.

D. Desidererei chiudere questa chiacchierata, ringraziandoti, con una domanda diretta al professionista appassionato del proprio lavoro quale tu sei: che cosa significa oggi fare marketing per Federico Repetto?

R. Scoprire, studiare, viaggiare, incontrare. E innamorarsi delle storie, delle persone che ci sono sempre dietro un marchio. Con curiosità. Sempre.

Intervista a cura di : Claudia Ferri

Esperta in ambito vendite ed internazionalizzazione, sviluppa la sua lunga e variegata esperienza all’interno di aziende trend-maker nei propri settori d’appartenenza (dall’arredamento alla nautica di lusso sino al metalmeccanico e l’automotive) iniziando il proprio percorso con funzioni di back office per poi, negli anni, assumere la responsabilità delle reti vendita worldwide, con obiettivi di mantenimento e/o creazione della stessa. La forte versatilità e la trasversalità delle esperienze lavorative al suo attivo la conducono, nel tempo, a vivere anche, con lo stesso entusiasmo, le sfide delle pubbliche relazioni e del project management, che, affinando le sue qualità ed esperienze di team leader così come la conoscenza di tutti processi aziendali, completano la sua professionalità commerciale.

Photo by neil godding on Unsplash

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